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martedì 1 luglio 2014

AVVOCUP - Quell'indimenticabile solstizio d'estate... (2^ parte)



LA PARTITA
Percorriamo il tunnel, in fila indiana, di fianco ai nostri avversari, con la terna arbitrale in testa, come accade nelle grandi sfide trasmesse in eurovisione. Ci arrestiamo sulle scale che conducono al terreno di gioco, non ne capisco il motivo, sono in completa trance agonistica. Attendiamo qualche minuto, ne approfitto per abbracciare l'amico-nemico Checco Rondello, capitano della corazzata patavina. Si prosegue ed usciamo all'aperto, gli amici di Mantova e Brescia, che hanno già concluso la loro gradevole fatica, sono schierati alle ali: pacche sulla spalla, battute, suggerimenti, auguri...
Tutto mi rimbalza addosso, è come se fossi isolato dentro una invisibile campana di vetro. Gli altoparlanti dello Stadio cominciano a diffondere le note della Champions League, quelle stesse note ascoltate in mille occasioni, in pieno relax, con una birra fresca in mano davanti alla tivù. La musica ci accompagna fino alla linea del centrocampo, dove le squadre si dispongono in riga, con lo sguardo rivolto verso la tribuna. Là, in mezzo a tutti quei seggiolini color celeste che risaltano sullo sfondo rosso delle gradinate, ci sono i "nostri", giunti fin qui per grande passione, non del calcio, ma dei suoi volonterosi interpreti: la numerosa "banda Fasan", le dolci metà di Brovedinho, Manlio, Manu e "Faina" Martini, che applaudono, a prescindere da tutto.
Il pathos raggiunge il picco più alto con la preannunciata esecuzione dell'Inno Nazionale (quello che oramai hai imparato a cantare anche tu...). Impossibile descrivere le sensazioni di quel momento e quel tumulto di emozioni che il petto riesce a malapena a contenere. Dopo le prime note, il motto spontaneo di stringersi l'un l'altro in un abbraccio, costruendo una robusta e beneaugurante catena. Seguono le foto di rito, la lettura delle formazioni da parte dello speaker, la scelta del campo tra i capitani (vinciamo noi: un presagio?) ed infine il saluto tra i giocatori delle compagini avverse. Due telecamere incrociate a circuito chiuso sono puntate sul campo per la ripresa del match.
Nel cielo compare qualche nuvola irriverente, che ruba il posto in prima fila al sole, regalando attimi di apprezzato refrigerio. Comincia la partita (finalmente!), che si articolerà in due interminabili tempi da 35 minuti l'uno (più recupero). I padovani partono subito a spron battuto, imperversando sulle fasce e mettendo palloni in area a ripetizione.
Mister Grigoletti compie il primo provvidenziale intervento, invertendo i nostri due uomini di fascia: Cesaratto si sposta a sinistra e Fasan viene a presidiare la zona di destra. Encomiabile la capacità di adattamento di Ivan (reduce da una straordinaria stagione come marcatore puro) in un ruolo non suo, ma il funambolico n° 10 di rosso vestito ha un altro passo (in bocca al lupo Gino!). I campioni in carica sembrano intenzionati a voler archiviare la pratica nel più breve tempo possibile per riconfermare il titolo (5 sono già in bacheca). Dopo pochi minuti, un loro uomo fa ingresso in area e da ottima posizione spedisce oltre la traversa.
Per un attimo mi compare una immagine davanti agli occhi, quasi un effetto subliminale: Spagna '82, Italia e Brasile sono ancora sullo 0-0, Serginho (attaccante verdeoro) sorride dopo aver sciupato una facile occasione... Gli avversari giocano a calcio, liberando uomini in ogni settore di gioco con tagli di campo da 40 metri. Continuano a spiovere traversoni in area, ma il nostro numero uno mette in mostra per l'ennesima volta la sua straordinaria continuità di rendimento e soprattutto l'indiscusso valore, uscendo ripetutamente dai pali e smanacciando palloni velenosi.
La sensazione è netta: se questi fanno gol, la partita è finita! Dopo la bufera del primo quarto d'ora, superata senza danni, le cose cominciano ad andare un pochino meglio: la gara continua a disputarsi nella nostra trequarti, ma cominciamo a contrastare i padovani con maggiore ordine ed efficacia. Oggi non possiamo permetterci di regalare un uomo agli avversari, così decido di abbandonare quel ruolo a me tanto caro, che nel calcio di oggi non esiste più (già da tempo immemorabile): via l'antico ma sempre confortevole vestito da “libero”, per indossare quello più moderno ed assai più impegnativo da “difensore centrale”.
Tutto ciò si traduce in un concetto molto semplice: uomo-contro-uomo. Quello che tocca a me (n° 20) è un giovane furetto, che non supera i 60 chilogrammi di peso (vestito), con gamba palesemente allenata e dotato di buona tecnica, posizionato tra la linea dei centrocampisti e quella degli attaccanti. Se non fossi totalmente assorbito dalla tensione, mi prenderei qualche attimo per farmi una sana risata. I miei due compagni di reparto, Fabio e Manu, stanno offrendo una prestazione monumentale, ma oggi bisogna fare ancora di più: serve la perfezione! Così continuo a richiamarli ed a sollecitarli, ogni volta che le due punte padovane si incrociano. Ivan dall'altra parte è più a suo agio e sulla fascia opposta la puntuale “sostanza” di Gino comincia a dare i frutti.
I tre centrocampisti, il giovin Matteo, Pippo e il Gobbo, fanno filtro e randellano all'occorrenza (buon segno). Le due punte oggi non si divertono molto: pochi palloni e sempre sporchi. Mattia, il nostro bomber indiscusso (capocannoniere del Torneo con 9 reti fin qui, in quattro gare e mezza!), al rientro dopo un mese di stop per il consueto infortunio muscolare, fa quello che può. Intorno al 20' il destino entra in scena e imprime il suo marchio indelebile sull'andamento dell'incontro, facendo uso in rapida successione prima del piede destro di Cesaratto, poi della testa fresca di tosatura di Tirelli e infine dello scarpino destro del novello Benvenuti in versione puntero.
Ivan, per divincolarsi dall'imminente pressing dell'avversario, rilancia un pallone in avanti, Mattia nonostante la pressione di un difensore riesce a prolungare la traiettoria ed il “mulo triestino” si fionda centralmente nel cuore della difesa padovana, guadagnando quel mezzo metro sull'ultimo inseguitore, entra in area e, sull'uscita del portiere, si esibisce in un'estensione (oggi si dice così, ma sempre scivolata è) con tocco conclusivo che indirizza la sfera nel sacco, con lenta precisione. Da quaggiù in fondo non si vede moltissimo, ma quanto basta: da una parte la rete che si scuote accogliendo amorevolmente il pallone tra le proprie maglie, dall'altra un barbuto invasato che corre all'impazzata denudandosi.
Cartellino giallo ben speso caro Benve: la gioia deve essere libera di esprimersi, senza costrizioni ed in ogni forma (decorosa). Una frazione di secondo dopo aver realizzato l'accaduto, sono già concentratissimo per il prosieguo della battaglia, così non c'è il tempo per esultare. Siamo in vantaggio! E adesso? Purtroppo non cambia nulla. Anzi, potrebbe dire qualcuno, adesso si incazzano sul serio e ce ne rifilano cinque! Effettivamente i padovani non hanno perso tempo per reagire all'affronto subito, rovesciandosi in avanti alla ricerca del pareggio. L'occasione più ghiotta capita al numero 20 (il mio “protetto”) che si inventa dal limite dell'area un interno destro a girare, teso, indirizzato all'incrocio dei pali più lontano (robe da... Del Piero, tanto per capirci).
Questo però è il pane quotidiano per il nostro Volatile: un passo di lato, poi il decollo e un gran volo plastico, con il guantone sardo che raggiunge la sfera lassù in alto e la disinnesca deviandone la traiettoria. Quando l'arbitro decreta la fine del primo tempo, intravedo attorno a me molti visi provati dalla stanchezza (per fortuna non vedo il mio). Ma siamo appena a metà dell'opera. Mentre ci avviamo verso la panchina per dissetarci, mi sfila a fianco Gino, che sta lavorando per due, ci scambiamo uno sguardo che esprime perfettamente il nostro reciproco stato d'animo: «Beh?», dico io, «...sapevamo che si doveva sputare sangue, no?».
Lui annuisce e prosegue la sua marcia verso il bordo campo alla ricerca della prima bottiglia d'acqua a disposizione. Io confabulo intensamente con Fabio e Manu e li tormento per mettere a punto i meccanismi difensivi, mirando a raggiungere la sintonia perfetta degli ingranaggi di un orologio svizzero. Loro mi sopportano pazientemente, senza maledirmi (in modo espresso). Il Mister impartisce qualche disposizione tattica, i compagni della panchina dispensano consigli e trasmettono grande partecipazione. Una menzione speciale per il supporto psicologico va al neo dirigente accompagnatore Michele Attanasio, che infonde al tempo stesso grande fiducia e determinazione tra le fila neroverdi: «Ragazzi, ormai avete già salvato l'onore! Potete perdere anche due o tre a uno... basta che non ne prendete cinque...».
Si torna in campo per affrontare gli ultimi 35 minuti. Le nuvole nel frattempo, forse poco interessate all'esibizione, se ne sono andate e così ci troviamo schierati contro sole. Padova continua a fare la partita, ma l'intensità non è più quella del primo tempo. Dopo qualche minuto Mister Grigoletti interviene ponendo un altro prezioso tassello alla sua opera: fuori un generoso Tirelli, dentro lo scalpitante Benetti. Al nostro allenatore va un duplice plauso: il primo per la bontà della scelta, il secondo, ancor più grande, per l'intelligenza e l'umiltà (quest'ultima è sinonimo della prima) dimostrate nell'accogliere il suggerimento offertogli dall'ispirato consigliere di Bagnarola, che quest'oggi lo affianca occasionalmente per dare riposo al tartassato legamento del ginocchio.
La partita cambia. Il giovanotto tiene palla lassù, combatte, ringhia, pressa e la squadra comincia a respirare a pieni polmoni. Ora anche i ramarri cominciano a far male. Gasparini, con un'incursione offensiva su calcio d'angolo, schiaccia di testa da pochi passi e costringe l'estremo difensore padovano ad una respinta miracolosa, mentre qualcuno sulla panchina neroverde stava già levando le braccia al cielo. Poco dopo è la volta dell'ottimo Attanasio che a terra nell'area piccola, per una questione di centimetri non riesce a deviare in porta una palla vagante. I naoniani attingono alle forze fresche della ricchissima panchina: dentro Toffoli per un affaticato Cesaratto.
A metà ripresa giunge il suggello ad una gara perfetta: Fasan calcia un angolo basso sul primo palo, la palla filtra in area, il già menzionato Benetti opera una gran finta di corpo che favorisce l'impatto di prima intenzione del “mulo triestino”, che incenerisce il pur valido portiere padovano: 2-0! Doppietta per Benvenuti che fila via verso la bandierina, dove viene placato ed in seguito sommerso da Fasan e Toffoli. Il grande maestro Nereo Rocco, di cui si avverte l'imponente presenza, sarebbe orgoglioso di noi. L'esultanza si protrae e l'arbitro richiama all'ordine “el hombre del partido” che, toccato nell'intimo, comincia ad intavolare un costruttivo dialogo con il direttore di gara; quando si prospetta l'eventualità del probabile secondo cartellino giallo, Mister Grigoletti ci mette una pezza con straordinario tempismo: fuori il match-winner e dentro “Faina” Martini, che dimostra di avere un felice impatto con la gara, procurandosi una serie di preziosissimi falli, guarniti con delle plateali cadute.
Ma gli avversari, pur tradendo evidenti sintomi di stanchezza, non si arrendono. La nostra contraerea respinge puntualmente tutti gli attacchi portati via terra e via aria. Su un calcio d'angolo il pallone spiove sul secondo palo dove si ritrovano in beata solitudine due padovani che si disturbano l'un l'altro e sprecano l'occasione mandando sul fondo. Subito dopo, su un cross che proviene dal nostro fronte difensivo sinistro, il neo entrato attaccante dei biancorossi colpisce di testa a botta sicura, ma la palla si stampa sulla traversa a portiere battuto. Lassù qualcuno ha deciso che oggi la nostra porta deve rimanere inviolata; sai, sono cose che nel calcio talvolta accadono, quando la buona sorte decide di strizzare l'occhio a coloro che esprimono tra le virtù quella più apprezzata: l'audacia...
Dopo lo scampato pericolo, mi avvicino all'arbitro chiedendo l'indicazione del tempo: siamo al 30', ci sono ancora cinque minuti di sofferenza che ci separano dal sogno. La squadra oramai è consapevole della propria forza ed a tratti addirittura padrona del campo, i centrocampisti portano palla con grande personalità, il giovane Attanasio dalla falcata leggera ed elegante, danza sul pallone in mezzo agli avversari. E' giunta finalmente la resa dei valorosi avversari. L'ultimo cambio dei nostri viene imposto dai crampi che regalano con qualche minuto di anticipo il meritato riposo all'ottimo Lorenzon; l'occasione è perfetta per concedere una meritatissima passerella al sorprendente Manlio Contento.
Il tempo scorre lento così, con un sorriso accennato, mi rivolgo nuovamente al direttore di gara: «Il suo orologio è rotto!». Lui preoccupato abbassa lo sguardo verso il suo polso sinistro, temendo chissà che cosa ed io, con il sorriso che frattanto si è allargato, replico precisando: «E' fermo!». Lui me lo esibisce e leggo sul display del cronometro il numero 38 con i secondi che scorrono a fianco e, quasi a giustificarsi, mi sussurra: «Ho chiamato 4' di recupero...».
Che splendido regalo, nella foga del momento non mi ero accorto di essere entrato nel cosiddetto “extra time”. Ed ecco infine l'agognato e sospiratissimo triplice fischio: il miracolo è compiuto! Da questo momento in avanti, il mio ricordo è assai confuso: ho davanti agli occhi i compagni con le braccia levate al cielo, infiniti abbracci, momenti di commozione con qualche lacrima che scivola sotto le lenti oscurate del Grigo, il rituale gavettone per Toni Pollini (firmato Cornacchia: le foto non danno scampo al responsabile!), qualcuno è steso a terra, esausto.
Io sono confuso, l'immensa gioia che sento dentro ancora non riesce a trovare la strada per uscire fuori. Sono certo che se nel mentre fosse arrivata in panchina mia madre, non me ne sarei accorto. Incomincio allora con calma a dar corso al mio proposito: voglio abbracciare tutti i miei compagni d'avventura, tutti i CAMPIONI, uno per uno (qualcuno, se la memoria non mi tradisce, si sorbisce anche un bacio a tradimento).
Mi sarebbe piaciuto tanto vederti là in tribuna, su uno di quei seggiolini celesti, per mandarti un bacio...
Ed ora, si dia luogo agli adeguati festeggiamenti...
(continua)

4 commenti:

Ugè ha detto...

Ti ho seguito sino all'ultima riga, mio Capitano, ma proprio allora, con quella storia del bacio, mi son bloccato: è mejo che me cammini affianco!!!...

Mister ha detto...

Porca troia sapevo che trovavo il CONTINUA.......

Anonimo ha detto...

Bravi Campioni siete stati super ...veramente una Squadra
Gaetano

Cornix ha detto...

Sul sito www.hosbagliatoprofessione.com si può già craccare la terza parte! Cazzo figata