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martedì 23 giugno 2015

IL CASO - La mano ed il piede: nel calcio tutto è relativo...


PORDENONE - Per chi ha un sacco di tempo da perdere (pensiamo per esempio a chi si trova in pieno relax al mare, con il cellulare incollato sulla mano), ecco un'ottima occasione per disquisire di futili questioni. Talvolta nella vita sembra che, con riguardo ad alcuni temi, esistano dei dogmi insormontabili, in quanto storicamente radicati nella cultura o nella tradizione del momento. In realtà poi accade spesso che, svolgendo un banale esercizio come quello di cambiare la prospettiva di osservazione, si giunga in modo razionale e coerente a delle conclusioni diametralmente opposte. E ció sulla base di un noto principio, figlio del più classico dei luoghi comuni: "tutto è relativo". Prendiamo spunto, per dare corso a questo nobile esercizio intellettuale, da una disciplina sportiva scelta a caso: il calcio o football. Partiamo un pò da lontano. L'arto superiore e l'arto inferiore... elementi imprescindibili della figura umana e non solo, supporti essenziali per lo svolgimento di qualunque tipo di attività sportiva, nella quale, sovente, sono le loro raffinate appendici estreme a giocare un ruolo determinante.
La mano, organo prensile che si trova all'estremità del braccio ed il piede, struttura anatomica situata anch'essa all'estremità distale della gamba. E giungiamo così al tema che oggi ci occupa, rientrando diligentemente nel nostro modesto alveo di competenza: il football. Qui la mano ed il piede assumono con chiarezza inequivocabile ciascuno il proprio senso. Tralasciando l'eccezione alla regola da individuarsi nel ruolo di portiere, possiamo affermare senza tema di smentita che la prima è assolutamente inutile o addirittura dannosa, mentre il secondo (anche qui con le dovute eccezioni del caso...) rappresenta il fulcro dell'attività in questione. Ebbene, siamo in grado di potervi dimostrare l'esatto contrario, attraverso un esempio concreto, verificatosi di recente, che ha definitivamente invertito la rotta della carriera di due calciatori nel corso della medesima gara. Per questioni di riservatezza, manterremo l'anonimato dei protagonisti, facendo uso di pseudonimi frutto di pura fantasia. Seguiamo l'ordine cronologico. Il calciatore che chiameremo Bevazzano, sottratto con la forza alla disciplina del basket e trattenuto con ostinata testardaggine nel mondo della pelota, durante un contrasto aereo a centrocampo, colpisce la palla con la mano, indirizzandola verso un compagno che a sua volta la porge ad un altro compagno che mette in gol. Gli avversari insorgono, lamentando l'irregolare tocco di mano del calciatore Bevazzano che ha innescato l'azione. L'arbitro si reca nei pressi del presunto "manfattore" e chiede lumi al diretto interessato il quale coraggiosamente sceglie la tortuosa via della sincerità.
Risultato: gol annullato e busto in bronzo massiccio dell'eroico paladino del fair play, esposto all'entrata dello Stadio, teatro dell'evento. I complimenti e gli elogi si sprecano (“Tu non sei come Maradona...”). Oggi il calciatore Bevazzano (che oramai vive di questa professione, grazie al sontuoso ingaggio procuratosi di recente), ha abbandonato l'anonimato calcistico in cui versava, per diventare l'icona della lealtà sportiva, insieme al meno noto Pieffe De Coubertin. La mano dunque, da sempre identificata nel gioco del calcio come la più vile e meschina tra le irregolarità, assurge invece a veicolo di acclamazione e successo. Veniamo al secondo episodio, nella stessa partita. È il momento dei calci di rigore, che decideranno le sorti dell'incontro. Le squadre attingono ai loro migliori elementi, quelli dotati di maggiore tecnica, quelli dai piedi vellutati. Nel momento topico del "dentro o fuori" va sul dischetto il calciatore che chiameremo Serpentino, eroe in piena carica ed artefice primo dei gloriosi successi di squadra, abile giocoliere dai piedi prensili, simbolo della tecnica calcistica allo stato più puro. È il suo il piede più sicuro tra tutti. Parte la rincorsa che culmina poi in un brusco arresto, dal quale fuoriesce un morbido "cucchiaio" attinto da un repertorio che Madre Natura concede solo a pochi eletti. Il rischio è massimo: si puó passare dai panni di eroe a quelli di zimbello in un solo istante. Tutto dipende dall'esito, da qui uscirà la sentenza che definirà in modo inappellabile i connotati del gesto: coraggioso o frutto di demenza. La sfera accarezzata dal velluto è facile preda del portiere, rimasto immobile ad accoglierla tra le braccia. Una carriera improvvisamente troncata: oggi, l'ex calciatore Serpentino, fa lo sguattero in un'Osmizza triestina dove quotidianamente è chiamato a lucidare posate, cucchiai inclusi, secondo il più severo dei contrappassi danteschi. Il piede felpato diviene così l'artefice primo della disfatta, smetterà per sempre di essere il pennello che dipinge sul rettangolo verde quadri d'autore, per rientrare nella dimensione ordinaria propria di ogni bipede, quella di banale mezzo di locomozione. Questa è la vita, questo è il calcio... dove tutto è relativo...
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9 commenti:

Ugè ha detto...

Perché non si legge il post?

enrico iodice ha detto...

Perché l'ho scritto in nero su sfondo nero e oggi non ho trovato il tempo neanche per andare al cesso...

Charles Ray ha detto...

Le immagini parlano chiaro

Anonimo ha detto...

W il marchese PF De Coubertain
Al buon Serpentino è andata bene. Io l'avrei mandato a lavorare dal Lurido a Trieste. L'osmizza xe lusso!

LucaDG ha detto...

Grande PF.
Grandissimo il blogger.
Idolo Benve.

Anonimo ha detto...

Benve Ti odio...a presto...
F.to
Bledar di Durazzo

Anonimo ha detto...

E' evidente, quello in foto non son mì...

El mona de Reggio

P.S.: "Ma Nane non aver paura a sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore"... ;-)

ugè ha detto...

Aara un altro!...
Sa' cos te digo?
63892

Cracco Carlo ha detto...

ci sono visibili margini di miglioramento