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giovedì 10 aprile 2025

Toni per me... (di Paolo Dell'Agnolo)

Al mio amico TONI

Ho avuto due supplenti di ginnastica al liceo, uno era Toni Pollini e l’altro Ippolito Gallovich.

Nel 1980 sono partito per il servizio militare , figlio di una penna bianca alpina , avevo un solo destino ma con un colpo di mano dopo 5 mesi in Marmolada ad insegnare a sciare ai pompieri mi sono trovato a completare la leva come “damo di compagnia “ dell’allora Pretore più giovane d’Italia, Gaetano Appierto , che Toni all’epoca stava testando come portiere.

Fu un test veloce. Mi pare disse a Gaetano che il cognome non era favorevole ad un ruolo come quello del portiere.

Ogni volta che incontravo Toni in Tribunale , cioè ogni giorno durante il servizio militare , mi chiedeva della laurea che è poi fortunatamente arrivata nel 1982 quando comunque lui mi aveva già falsamente cartellinato .

Giocavamo con gli avvocati il sabato pomeriggio e poi giocavo anche la domenica successiva con la squadra che mi dava qualche soldino , ma l’emozione del debutto con gli avvocati di Pordenone non la scorderò mai .

Canese , Marchi, Della Gaspera, G.Coden, Asquini, Casucci , Dell’Agnolo , Attanasio , Toni, Mazzarella, Ragogna . Praticamente il meglio del calcio mondiale dell’epoca.

Eravamo a Padova , 4 pappine ( ovviamente per loro) e tutti casa. Con Giorgo Coden espulso che dall’alto di un argine che circondava il campo minacciava i colleghi padovani e , ovviamente l’arbitro, di morte certa. Mettiamola così.

Facevo parte di un gruppo che mi ha accompagnato fino ad oggi e mi auguro continuerà ad accompagarmi.

Di un gruppo che come oggi succede è unito .

C’è poco da dire.

Ci vogliamo tutti bene e perdavvero, ed è il merito di Toni, siamo amici veri.

Poi sono arrivati Nisco e Vasco ( ovviamente Toni ha fatto giocare sempre il più fresco dei gemelli) , Sandro Tauro ( un pupillo di Toni) e Roberto Lombardini, Manlio, Eugenio,   i due Da Ros, gli “stranieri” Lucien Venier e  Di Giorgio e poi tutti voi   e la famiglia si è allargata.

In Tribunale siamo sempre stati una  sorta di testuggine romana .

Erano altri tempi, ci trovavamo nel palazzo ogni giorno e facevamo gruppo, ovviamente parlando di calcio ed aiutandoci nella professione.

Non è stata cosa da poco avere dei colleghi bravi un po' più grandi di noi come Toni ,  Giorgio, Roberto, Marco e Maurizio  sempre pronti a darti una mano  in aula.

Di aneddoti ce ne son tanti, dallo sciagurato Formica , a Piero e Roberto e morose che pur partiti con noi da Piazzale Ellero sono arrivati a Salisburgo ( mi pare corresse l’anno 1982) con un giorno di ritardo ed ancora dell’arrivo in albergo sempre a Salisburgo della Polizia perché quei “kolleghen” avevano cenato con noi e poi si erano eclissati lasciando a noi il conto, esageratamente salato,  del bere e dei dolci .

Con suo tedesco studiato su Sturmtruppen ( Trapattoni docet)  Toni era poi riuscito a farci dimezzare la somma dovuta , ma Marco Marchi in vestaglia sulla scala dell’Hotel che cercava di trattenere Toni che voleva picchiare il ristoratore non lo dimenticherò mai.

Come non potrò dimenticare il viaggio culminato poi con il gol mancato dello “sciagurato” Formica ( ragazzo simpaticissimo ma subito accostato allo sciagurato Calloni ) quando, prima di arrivare a Milano, ci siamo fermati in autostrada per uno spuntino e Toni ha poi visto il nostro n.10 dell’epoca “Cico” ordinare mi pare mezza faraona ed un litro di prosecco. All’inizio lo voleva uccidere ma poi – e questo è Toni - gli ha detto di mangiare con calma.

In campo a Milano poi quando Cico ha sbagliato uno stop gli ha ovviamente urlato  addosso di tutto, ancor più ovviamente con riferimento al prosecco ed alla faraona.

Ce l’ho ancora davanti il nostro Toni alla partita, decisiva per il passaggio del turno di quell’anno ,  certamente comprata dagli avvocati di Vicenza che avevano un Sostituto  quale leader  che sin da subito aveva dimostrato molta confidenza con l’arbitro che, alla prima azione utile, aveva espulso Maurizio Mazzarella.

Toni alla vista del  cartellino rosso è quindi partito a palla ( come fosse Marcel Jacobs)  verso l’arbitro che, scappando verso gli spogliatoi, urlava “ partita chiusa, partita chiusa”.

Dimostrando inaspettate doti di corridore però quel mascalzone è comunque riuscito a chiudersi a chiave nel suo spogliatoio.

Non l’avesse mai fatto.

Toni ha dato un calcio o una spallata alla porta , non ricordo, e l’ha divelta.

E quando si è trovato di fronte l’arbitro che , con  gli occhiali  infilati gli diceva che non poteva toccarlo perché “aveva gli occhiali” ….Toni glieli ha sfilati, li ha buttati  a terra e li ha calpestati dicendogli “e adesso li hai ancora gli occhiali ?”

Il resto lo avete sentito mille volte: onore della cronaca su Repubblica e Gazzetta dello Sport procedimento disciplinare provocato dai colleghi vicentini ( uno spettacolo: Presidente avvocato Scatà tutto dalla nostra parte, difesa di tutti di Manlio Contento ) e Toni che sosteneva di aver divelto la porta ( aveva pagato subito tutti i danni ) perché non si era accorto che era chiusa  a chiave e che comunque l’arbitro non lo aveva picchiato, solo qualche strattone.

Purtroppo se verp è che il disciplinare si è concluso con un richiamo solo per due o tre di noi vero è anche che  Maurizio Mazza che stava decollando come direttore sportivo (era un pupillo dell’allora DS dell’Udinese Dal Cin)   è stato sospeso dalla FGC  mi par per 5 anni poi condonati con i mondiali ’90.

Ma qualche soldo quella partita gli è costata.

Ad un certo punto , credo nei primi anni 90 dopo 12/15 anni di inamovibilità, Toni ha pronunciato quella frase blasfema che non dimenticherò mai : “Paolo entri nel secondo tempo, oggi parte Borlina”.

Gli ho risposto se si era bevuto il cervello e lui mi ha detto che era solo per quella volta . Non era così .

Nonostante i ripetuti riti vodoo, Tiziano non non si è mai stirato né ha dato un cazzotto ad un arbitro facendosi squalificare ed ho dovuto accettare la concorrenza.

Toni però non era solo quello sin qui raccontato che ci faceva divertire con la sua”esuberanza” .

L’ho sempre considerato un bravo avvocato dalla schiena dritta ed un uomo buono e giusto.

Ho sempre ammirato il suo volere ed avere vicina la Vera ( grande donna, giusta per un grande uomo), il suo coinvolgerla con noi , con le nostre famiglie, con i nostri alti e bassi , le nostre difficoltà , i nostri momenti massimamente tristi come la perdita di un genitore.

Si ricordava dei nostri compleanni , è vero, ma ci chiedeva anche sempre come stavamo, come stavano i nostri figli (e ovviamente se qualcuno di loro era in odore di laurea in Giuri e se giocava a calcio).

Se n’è andato troppo presto.

Ma se se ne fosse andato fra 10 anni avrei scritto lo stesso.

Adesso mi piace pensarlo lassù dove la Squadra sta prendendo corpo: Lauro Canese Luciano Venier, il Papu Brusadin e Toni Pollini , come straniero Diego Maradona.

Pronti per un campionato di calcetto di Lassù.

Ti voglio bene Toni. Grazie di tutto.

mercoledì 9 aprile 2025

Toni per me... (di Matteo Cornacchia)

Toni ed io avevamo un rito, tutto nostro, che nasceva da una comune passione per le maglie da calcio.

Quel rito, nato da una visione “oppositiva” sulla muta del portiere, col tempo era diventato il nostro “spazio di complicità” che, per generosità di entrambi, condividevamo con il resto della squadra nei magici istanti che precedevano la partita.  

Ora che Toni non c’è più è giusto che conosciate la verità: la puntuale messa in scena sugli abbinamenti fra maglia, pantaloncini e calzettoni del portiere era un modo per stemperare la tensione della gara, per riscaldare lo spogliatoio, un rito scaramantico, appunto… ma tutto già spudoratamente concordato. Ci mettevamo d’accordo fin dal mattino, in una rapidissima telefonata che negli anni era stata perfezionata, eliminando via via tutto ciò che era superfluo (i convenevoli) per andare subito al punto. Un codice criptato da spie sovietiche a prova di intercettazione:

M: Eccomi

T: Maglie rosse Asics

M: Allora nero

T: Calzettoni?

M: Bianchi

T: C’è fango

M: Fai neri anche quelli allora

T: A dopo

M: Ciao

Il rito vero era quella telefonata e, detto francamente, il colore delle maglie era diventato un pretesto: la telefonata serviva solamente per dirci reciprocamente “ti voglio bene”.

Come molti sanno, nella mitica soffitta di villa Pollini, Toni aveva un caveau di mute, in parte frutto di lasciti del Pordenone Calcio, in parte acquistate appositamente per la squadra Avvocati. Ogni muta una storia; ogni storia dei ricordi; ogni ricordo un sorriso. Tutto era custodito con attenzione maniacale ed esistevano precisi criteri con cui venivano scelte le maglie di gioco: da quelli più ovvi (i colori sociali della squadra avversaria, le condizioni meteo…) a quelli più sottili (il tipo di competizione, l’importanza della gara, la scaramanzia).

Per il portiere Toni applicava una regola che, purtroppo, era figlia della sua generazione e del calcio anni Sessanta: l’estremo difensore doveva SEMPRE avere qualcosa che richiamasse i colori della squadra. Quel “qualcosa” nel novanta per cento dei casi erano i calzettoni, con l’effetto di determinare abbinamenti improbabili (maglia grigia, pantaloncini neri, calzettoni verdi…). I portieri togati dell’epoca – il Koala e Leo – non mettevano in discussione il dogma. Anzi, il Koala in particolare riusciva a fare pure peggio esibendo sui terreni duri o sintetici un improbabile pantalone della tuta grigio o addirittura rosso (sigh!).

Io però, oltre ad essere già maniaco di mio, ero cresciuto con altri modelli e, soprattutto, altri canoni estetici, quelli degli anni Novanta, quando al portiere vestito di grigio si sostituì il portiere multicolor, prima, e il portiere monocromatico, poi. Le prime volte il rispetto che nutrivo per Toni mi imponeva di adeguarmi alle sue scelte. Poi, essendo entrato sempre più in confidenza, ritiravo diligentemente i calzettoni che lui mi consegnava ma, durante la vestizione, li sostituivo con un paio di altro colore che mi ero appositamente portato da casa; poi cominciai a fare altrettanto con la maglia; infine fu Toni – che non era mona ed era perfettamente cosciente dei mie atti di insubordinazione – a concedermi la scelta degli abbinamenti attraverso la rituale telefonata di cui sopra. Né più né meno del rapporto con un padre al quale bisogna inizialmente obbedire, che progressivamente ti concede spazi di libertà condizionata, che infine ti lascia andare per la tua strada e sostiene le tue decisioni, anche se non le approva del tutto…  

E visto che di maglie parliamo, dal libro dei ricordi ne ho scelte quattro che associo ad altrettanti, indelebili, ricordi.

Maglia azzurra “Hummel”, 2008. Esordio con gli Avvocati Pordenone e l’incontro con Toni

Questa è una foto storica, perché risale al mio esordio con gli Avvocati Pordenone Calcio e al giorno in cui conobbi Toni Pollini: era il 25 ottobre 2008. Quella mia presenza avrebbe dovuto essere una mera comparsata per risolvere un’emergenza fra i pali; mai avrei immaginato che sarebbe stato l’inizio di un tratto indelebile della mia vita,  impreziosito da legami profondi, primo fra tutti proprio quello con Toni.

La maglia del portiere – azzurra con inserti neri – si abbinava alle mute “Hummel” del Pordenone Calcio, sponsorizzate “Friulcassa”, che Toni utilizzava prevalentemente per il Campionato Amatori nelle stagioni 08/09, 09/10 e 10/11. C’erano due versioni di quella muta: la versione casalinga, con le classiche strisce verticali neroverdi, e la versione da trasferta, completamente bianca. Due anche le versioni della maglia del portiere: grigia con inserti neri e, appunto, azzurra. Erano maglie che tutto sommato “sopportavo” e che ho indossato frequentemente nella prima fase della mia militanza neroverde.

Maglia grigia “Errea”, 2009. Esordio in Avvocup

La foto si riferisce alla finale per il terzo e quarto posto dell’Avvocup 2009, giocata in quel di Sermeola di Rubano (PD), il 6 giugno, contro Brescia. Era il mio esordio assoluto in Avvocup, ancora una volta per una defezione dell’ultimo minuto del Koala. Giocare l’Avvocup significava fare un salto qualitativo notevole ed essere ammesso nell’élite dei giocatori “storici”, quelli che, pur senza il pedigree dell’avvocatura, avevano il privilegio di difendere la causa naoniana nel confronto con i legali di tutta Italia. Quella competizione, per Toni, era assai più importante del campionato amatori e la cosa veniva rimarcata anche attraverso la scelta delle maglie di gioco: nel forense si usava prevalentemente la muta “Errea” a strisce neroverdi con logo “Avvocati Pordenone”, la cui maglia del portiere, grigio-argento con pantaloncini neri, era la quintessenza dalla banalità. Facevo una fatica tremenda a digerirla, anche perché Toni la imponeva in abbinamento a calzettoni verdi per il già menzionato principio del richiamo ai colori della squadra. Nella circostanza riuscii a sostituire i calzettoni e a indossare quelli neri (come si evince dalla foto) e quando Toni se ne accorse – ormai a ridosso dell’inizio della gara – arrivò il primo sonoro cazziatone pubblico nei miei confronti (non male per un esordio). Per la cronaca, dopo l’1 a 1 dei tempi regolamentari, vincemmo la partita ai rigori con due penalty neutralizzati dal sottoscritto. Toni venne ad abbracciarmi e siccome era persona che non deroga ai principi sulla base delle circostanze, la prima cosa che mi disse fu: “Da oggi puoi metterti i calzettoni che vuoi. Disgraziato”.

Maglia nera “Team Equipment”, 2014. Vittoria dell’Avvocup

Il terzo momento indelebile della mia storia (e non soltanto della mia) negli Avvocati Pordenone Calcio rimane la vittoria dell’Avvocup 2014. Per la finale di Mantova, Toni si affidò alle collaudatissime maglie Errea neroverdi, di cui ho già detto, ma per qualche ragione che non ricordo le abbinò stranamente ai pantaloncini di un’altra muta (della Givova…). Nei giorni precedenti avevo ragionato a lungo su quale muta avrei indossato per la partita più importante della mia militanza togata, anche perché Toni attendeva istruzioni dal sottoscritto (ormai avevo pieni poteri sul mio outfit).

Fra le varie opzioni a mia disposizione, alla fine scegli di indossare una muta completamente nera, con inserti verde fluo (vd. foto), per una ragione ben precisa che, tuttavia, richiede una rapida digressione. Fra i motivi che dividevano me e Toni sull’abbigliamento del portiere non c’erano solo ragioni estetiche, ma anche pratiche. Nella totalità delle mute di Toni (ma, aggiungerei, non soltanto delle sue) le maglie del portiere erano, nella migliore delle ipotesi, taglia “L” o, più frequentemente, “XL”, perché – si sa – il portiere è di norma alto e robusto. Il mio modesto metro e settantatré rendeva tutte le mute di Toni praticamente investibili, per cui io cercavo di usare maglie personali anche per quella ragione, mentre lui desiderava che indossassi quelle ufficiali. Per sanare anche questo contrasto, Toni, qualche anno prima della finale, mi regalò 4 (!) mute della mia taglia, elasticizzate, con logo “Avvocati Pordenone”; non solo: le fece stampare con il numero 30 in omaggio al mio rango accademico. Quando me le consegnò rimasi senza parole, sia perché era un atto di amore nei miei confronti (mai nessun portiere aveva avuto un simile privilegio), sia perché erano semplicemente orrende: la prima grigia con inserti rossi, la seconda color oro con inserti neri, la terza rosa (rosa!!!) con inserti neri e la quarta – l’unica guardabile – nera con inserti verde fluo. Tralascio il dettaglio sui calzettoni in abbinamento (tutti rigorosamente incoerenti) e ancora oggi mi domando dove le avesse procurate, visto che la marca mi era totalmente sconosciuta (Team Equipment: credo abbia venduto quelle 4 maglie e poi sia fallita). Negli anni le ho indossate (cambiando i calzettoni) solo per l’affetto che avevo per Toni: ho usato anche quella rosa in quattro o cinque circostanze, ma quella color oro non ce l’ho mai fatta.

Tornando a Mantova, scelsi la maglia nera Team Equipment – benché non fosse fra le mie preferite – come atto di riconoscenza a Toni perché quella partita andava giocata (e possibilmente vinta) anzitutto per lui. 

Maglia arancione “Joma”, 2021. L’ultima presenza

Anche questa, a suo modo, è una foto storica, perché immortala la mia ultima presenza con la squadra degli Avvocati Pordenone. Risale al 18 settembre del 2021, Torneo Avvocup di Cesenatico (ma tutti lo ricordano come “il torneo del Folletto”). Per l’occasione Toni si presentò con una muta del Pordenone Calcio della Joma, all’epoca sponsor tecnico dei ramarri in serie B. Benché la maglia (anzi, il completo) del portiere presentasse il consueto problema della taglia “XL”, trattandosi di tessuto di ultima generazione super elasticizzato, la vestibilità era comunque perfetta anche su un nano come me. Il colore, poi, era stupendo: un arancione intenso, perfettamente abbinato a pantaloncini, ai calzettoni e addirittura a sottomaglia e calzamaglia, proprio come usano i portieri di adesso. Un gioiello.

Dopo 13 anni di contenziosi e divergenze estetiche, Toni ed io avevamo finalmente trovato il nostro punto di incontro. Quando mi vide uscire dallo spogliatoio mi guardò dalla testa ai piedi e mi disse “sei bellissimo”. Non trovai nulla di più ovvio che rispondergli: “anche tu, Toni. Anche tu…”.

martedì 8 aprile 2025

Toni per me... (di Fabrizio Pettoello)

Ho avuto occasione di conoscere Toni tantissimo tempo fa, perché si domiciliava abitualmente da mio padre. È stata un'amicizia immediata. Ci univa l'essere Alpini, ma chi legava soprattutto la passione per il calcio.

Entrambi abbiamo realizzato un progetto che ha avuto un rilievo importante nelle nostre vite: Toni ha creato la squadra di calcio degli Avvocati di Pordenone, che, mi piace ricordare, ha partecipato anche ai campionati della “mia” Lega Calcio Friuli Collinare.

Il calcio amatoriale, fatto di inclusione, di aggregazione, di partecipazione, ma soprattutto di divertimento e amicizia, ci ha accumunato, anche se questa passione l'abbiamo vissuta da prospettive diverse.

Toni infatti era un ottimo dirigente, era addirittura capace di essere suadente con i giocatori di talento, che spesso si facevano pregare per giocare.

Ma Toni non era solo questo.  Toni era un anche “scouter” dei campi di calcio friulani!  Non credo gli sia mai sfuggito un buon giocatore neolaureato e che non abbia fatto di tutto per portarlo a giocare con la sua squadra.

Sono convinto che lui e Giuliano Carretti siano stati i veri pilastri delle squadre di calcio di Pordenone e rispettivamente di Trieste.

Penso infatti che se a Udine, nonostante ci fossero tantissimi giocatori di talento, non siamo mai riusciti ad avere una squadra di livello come quella di Pordenone o Trieste è dovuto proprio alla mancanza di un dirigente del loro calibro. La lunga esperienza nel mondo di calcio mi ha infatti convinto che una squadra può diventare grande solo per la presenza di bravi dirigenti.

Ma noi avvocati dobbiamo essere grati a Toni non solo perché ci ha dato la possibilità di divertirci giocando a calcio, ma anche perché ci ha offerto l'opportunità di integrarci in un mondo non semplice come quello dell'avvocatura. La confidenza che si matura su un campo di calcio o nello spogliatoio con colleghi più anziani è infatti un veicolo importante che semplifica l'inserimento nella vita professionale.

Di ciò Toni era assolutamente consapevole. Lui più che mai era l'anima della squadra, la forza aggregante, la persona che ti sapeva sempre stare vicino nei momenti giusti, caricare e motivare.

Toni aveva un amore infinito per la sua creatura, una passione senza secondi fini.

Un giorno, con un’aria solenne che non gli era solita, mi ha detto che doveva chiedermi un piacere. Si era convinto, chissà per quale motivo, di non essere più gradito, che la sua squadra volesse rendersi indipendente dal suo demiurgo. Gli ho risposto che era impossibile, non solo perché sarebbe stato un vero suicidio, ma anche perché tutti i colleghi pordenonesi lo adoravano.

Ma Toni insisteva: dovevo scrivergli di aver  saputo che a Pordenone volevano cambiare dirigente e quindi gli avrei dovuto proporre di farlo a Udine e che per noi sarebbe stata una grande opportunità. Lo scopo era evidente: Toni voleva dimostrare così alla sua squadra che le offerte non gli mancavano!

Ovviamente pochissimo tempo dopo Toni mi ha chiamato per dirmi che aveva mal interpretato alcuni comportamenti e che il malinteso era risolto.

Peccato ho pensato, a Udine avremmo continuato ad avere una squadra scarsa...

Questo episodio testimonia quanto partecipata e assolutamente pura fosse la passione di Toni, un uomo dal cuore generoso.

Fabrizio Pettoello

lunedì 7 aprile 2025

Toni per me... (di Vincenzo Fantuzzi)

Ciao Toni, anche oggi aspetterò la tua telefonata. Arriva sempre. Al mattino. "Ciao Vice. Buon compleanno. Tanti auguri. A casa tutto bene?!". Veloce. Breve. Ma sempre a cadenza e senza mai dimenticartene. Poche parole. Brevi, ma c’era dentro tutto.

Non sapevo da dove iniziare o cosa scrivere esattamente, perché tutto mi sembrava insufficiente come pensiero e saluto. Dopo aver ricevuto cosi tanto.

Così, ti scrivo solo poche cose. Di cuore.

Sei stato l’unico allenatore che mi abbia davvero capito. "Vice, stai fermo lì, al centro: non muoverti". E poi, quella volta che ero sceso due volte di seguito sulla fascia: "Vice – fermati, non esagerare". E l’ultima, un classico: "Vice torna. Piano, ma torna. Se riesci". Calcisticamente, mi hai sempre capito come nessun altro.

L’ho raccontata subito ad Alberto (De Zan), quella mattina della scorsa tarda estate. "Stavo camminando in viale della Libertà. Non c’era nessuno per la strada, neppure macchine. Andavo verso il centro. Mi supera una vettura, che svolta alla rotonda. Rossa. Nulla intorno. E sento gridare: "Hei stronzone". Mi volto, mi guardo intorno. Ai piani alti dei condomini. Ancora intorno. Nessuno. "Parlo proprio con te, stronzone". Mi guardo attorno, non c’è nessuno. E, di colpo, capisco che si rivolge a me. Boh!  Allora, cerco di capire chi sia alla guida o cosa io possa aver fatto… "Almeno puoi rispondere al telefono". Scende Toni dalla macchina e segue la sua classica risata ‘tonda’. Sempre uguale. Sempre elegantemente abbigliato, anche nella versione estiva e domenicale. Come sempre.

Ecco, questo è l’attimo che raccoglie un mondo di ricordi.

Dico ad Alberto (De Zan): "Toni è veramente incredibile. Si ricorda di tutto. Si ricorda di tutti. Ha sempre una parola per tutti. E anche se, a volte, il tono e i termini sono 'colorati', capisci e senti che dietro c’è un mondo di affetto. Che tu fai parte di quel mondo. Che le cose che ti dice sono piene di un indescrivibile voler bene".

Mi è capitato spesso, nel mezzo di varie situazioni, di iniziare a sorridere da solo. Con persone attorno che non potevano capire. Mi venivano in mente alcuni episodi. Del campo, dello spogliatoio o di qualche altra occasione. Quando uno non arrivava, o non avvisava, o sbagliava un passaggio elementare (tralascio i commenti sui gol mancati davanti alla porta: "ma come si fa! Io non capisco…mamma mia... bip!"). Mi capitano queste ‘visioni, così dal nulla. E inizio a sorridere.

Credo che quell’ironia e, soprattutto, la tua risata, così ricca di mille cose, continuerà a tornare e farmi sorridere. Così. Di punto in bianco.

Grazie di tutto, Toni. Sei speciale.