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mercoledì 9 aprile 2025

Toni per me... (di Matteo Cornacchia)

Toni ed io avevamo un rito, tutto nostro, che nasceva da una comune passione per le maglie da calcio.

Quel rito, nato da una visione “oppositiva” sulla muta del portiere, col tempo era diventato il nostro “spazio di complicità” che, per generosità di entrambi, condividevamo con il resto della squadra nei magici istanti che precedevano la partita.  

Ora che Toni non c’è più è giusto che conosciate la verità: la puntuale messa in scena sugli abbinamenti fra maglia, pantaloncini e calzettoni del portiere era un modo per stemperare la tensione della gara, per riscaldare lo spogliatoio, un rito scaramantico, appunto… ma tutto già spudoratamente concordato. Ci mettevamo d’accordo fin dal mattino, in una rapidissima telefonata che negli anni era stata perfezionata, eliminando via via tutto ciò che era superfluo (i convenevoli) per andare subito al punto. Un codice criptato da spie sovietiche a prova di intercettazione:

M: Eccomi

T: Maglie rosse Asics

M: Allora nero

T: Calzettoni?

M: Bianchi

T: C’è fango

M: Fai neri anche quelli allora

T: A dopo

M: Ciao

Il rito vero era quella telefonata e, detto francamente, il colore delle maglie era diventato un pretesto: la telefonata serviva solamente per dirci reciprocamente “ti voglio bene”.

Come molti sanno, nella mitica soffitta di villa Pollini, Toni aveva un caveau di mute, in parte frutto di lasciti del Pordenone Calcio, in parte acquistate appositamente per la squadra Avvocati. Ogni muta una storia; ogni storia dei ricordi; ogni ricordo un sorriso. Tutto era custodito con attenzione maniacale ed esistevano precisi criteri con cui venivano scelte le maglie di gioco: da quelli più ovvi (i colori sociali della squadra avversaria, le condizioni meteo…) a quelli più sottili (il tipo di competizione, l’importanza della gara, la scaramanzia).

Per il portiere Toni applicava una regola che, purtroppo, era figlia della sua generazione e del calcio anni Sessanta: l’estremo difensore doveva SEMPRE avere qualcosa che richiamasse i colori della squadra. Quel “qualcosa” nel novanta per cento dei casi erano i calzettoni, con l’effetto di determinare abbinamenti improbabili (maglia grigia, pantaloncini neri, calzettoni verdi…). I portieri togati dell’epoca – il Koala e Leo – non mettevano in discussione il dogma. Anzi, il Koala in particolare riusciva a fare pure peggio esibendo sui terreni duri o sintetici un improbabile pantalone della tuta grigio o addirittura rosso (sigh!).

Io però, oltre ad essere già maniaco di mio, ero cresciuto con altri modelli e, soprattutto, altri canoni estetici, quelli degli anni Novanta, quando al portiere vestito di grigio si sostituì il portiere multicolor, prima, e il portiere monocromatico, poi. Le prime volte il rispetto che nutrivo per Toni mi imponeva di adeguarmi alle sue scelte. Poi, essendo entrato sempre più in confidenza, ritiravo diligentemente i calzettoni che lui mi consegnava ma, durante la vestizione, li sostituivo con un paio di altro colore che mi ero appositamente portato da casa; poi cominciai a fare altrettanto con la maglia; infine fu Toni – che non era mona ed era perfettamente cosciente dei mie atti di insubordinazione – a concedermi la scelta degli abbinamenti attraverso la rituale telefonata di cui sopra. Né più né meno del rapporto con un padre al quale bisogna inizialmente obbedire, che progressivamente ti concede spazi di libertà condizionata, che infine ti lascia andare per la tua strada e sostiene le tue decisioni, anche se non le approva del tutto…  

E visto che di maglie parliamo, dal libro dei ricordi ne ho scelte quattro che associo ad altrettanti, indelebili, ricordi.

Maglia azzurra “Hummel”, 2008. Esordio con gli Avvocati Pordenone e l’incontro con Toni

Questa è una foto storica, perché risale al mio esordio con gli Avvocati Pordenone Calcio e al giorno in cui conobbi Toni Pollini: era il 25 ottobre 2008. Quella mia presenza avrebbe dovuto essere una mera comparsata per risolvere un’emergenza fra i pali; mai avrei immaginato che sarebbe stato l’inizio di un tratto indelebile della mia vita,  impreziosito da legami profondi, primo fra tutti proprio quello con Toni.

La maglia del portiere – azzurra con inserti neri – si abbinava alle mute “Hummel” del Pordenone Calcio, sponsorizzate “Friulcassa”, che Toni utilizzava prevalentemente per il Campionato Amatori nelle stagioni 08/09, 09/10 e 10/11. C’erano due versioni di quella muta: la versione casalinga, con le classiche strisce verticali neroverdi, e la versione da trasferta, completamente bianca. Due anche le versioni della maglia del portiere: grigia con inserti neri e, appunto, azzurra. Erano maglie che tutto sommato “sopportavo” e che ho indossato frequentemente nella prima fase della mia militanza neroverde.

Maglia grigia “Errea”, 2009. Esordio in Avvocup

La foto si riferisce alla finale per il terzo e quarto posto dell’Avvocup 2009, giocata in quel di Sermeola di Rubano (PD), il 6 giugno, contro Brescia. Era il mio esordio assoluto in Avvocup, ancora una volta per una defezione dell’ultimo minuto del Koala. Giocare l’Avvocup significava fare un salto qualitativo notevole ed essere ammesso nell’élite dei giocatori “storici”, quelli che, pur senza il pedigree dell’avvocatura, avevano il privilegio di difendere la causa naoniana nel confronto con i legali di tutta Italia. Quella competizione, per Toni, era assai più importante del campionato amatori e la cosa veniva rimarcata anche attraverso la scelta delle maglie di gioco: nel forense si usava prevalentemente la muta “Errea” a strisce neroverdi con logo “Avvocati Pordenone”, la cui maglia del portiere, grigio-argento con pantaloncini neri, era la quintessenza dalla banalità. Facevo una fatica tremenda a digerirla, anche perché Toni la imponeva in abbinamento a calzettoni verdi per il già menzionato principio del richiamo ai colori della squadra. Nella circostanza riuscii a sostituire i calzettoni e a indossare quelli neri (come si evince dalla foto) e quando Toni se ne accorse – ormai a ridosso dell’inizio della gara – arrivò il primo sonoro cazziatone pubblico nei miei confronti (non male per un esordio). Per la cronaca, dopo l’1 a 1 dei tempi regolamentari, vincemmo la partita ai rigori con due penalty neutralizzati dal sottoscritto. Toni venne ad abbracciarmi e siccome era persona che non deroga ai principi sulla base delle circostanze, la prima cosa che mi disse fu: “Da oggi puoi metterti i calzettoni che vuoi. Disgraziato”.

Maglia nera “Team Equipment”, 2014. Vittoria dell’Avvocup

Il terzo momento indelebile della mia storia (e non soltanto della mia) negli Avvocati Pordenone Calcio rimane la vittoria dell’Avvocup 2014. Per la finale di Mantova, Toni si affidò alle collaudatissime maglie Errea neroverdi, di cui ho già detto, ma per qualche ragione che non ricordo le abbinò stranamente ai pantaloncini di un’altra muta (della Givova…). Nei giorni precedenti avevo ragionato a lungo su quale muta avrei indossato per la partita più importante della mia militanza togata, anche perché Toni attendeva istruzioni dal sottoscritto (ormai avevo pieni poteri sul mio outfit).

Fra le varie opzioni a mia disposizione, alla fine scegli di indossare una muta completamente nera, con inserti verde fluo (vd. foto), per una ragione ben precisa che, tuttavia, richiede una rapida digressione. Fra i motivi che dividevano me e Toni sull’abbigliamento del portiere non c’erano solo ragioni estetiche, ma anche pratiche. Nella totalità delle mute di Toni (ma, aggiungerei, non soltanto delle sue) le maglie del portiere erano, nella migliore delle ipotesi, taglia “L” o, più frequentemente, “XL”, perché – si sa – il portiere è di norma alto e robusto. Il mio modesto metro e settantatré rendeva tutte le mute di Toni praticamente investibili, per cui io cercavo di usare maglie personali anche per quella ragione, mentre lui desiderava che indossassi quelle ufficiali. Per sanare anche questo contrasto, Toni, qualche anno prima della finale, mi regalò 4 (!) mute della mia taglia, elasticizzate, con logo “Avvocati Pordenone”; non solo: le fece stampare con il numero 30 in omaggio al mio rango accademico. Quando me le consegnò rimasi senza parole, sia perché era un atto di amore nei miei confronti (mai nessun portiere aveva avuto un simile privilegio), sia perché erano semplicemente orrende: la prima grigia con inserti rossi, la seconda color oro con inserti neri, la terza rosa (rosa!!!) con inserti neri e la quarta – l’unica guardabile – nera con inserti verde fluo. Tralascio il dettaglio sui calzettoni in abbinamento (tutti rigorosamente incoerenti) e ancora oggi mi domando dove le avesse procurate, visto che la marca mi era totalmente sconosciuta (Team Equipment: credo abbia venduto quelle 4 maglie e poi sia fallita). Negli anni le ho indossate (cambiando i calzettoni) solo per l’affetto che avevo per Toni: ho usato anche quella rosa in quattro o cinque circostanze, ma quella color oro non ce l’ho mai fatta.

Tornando a Mantova, scelsi la maglia nera Team Equipment – benché non fosse fra le mie preferite – come atto di riconoscenza a Toni perché quella partita andava giocata (e possibilmente vinta) anzitutto per lui. 

Maglia arancione “Joma”, 2021. L’ultima presenza

Anche questa, a suo modo, è una foto storica, perché immortala la mia ultima presenza con la squadra degli Avvocati Pordenone. Risale al 18 settembre del 2021, Torneo Avvocup di Cesenatico (ma tutti lo ricordano come “il torneo del Folletto”). Per l’occasione Toni si presentò con una muta del Pordenone Calcio della Joma, all’epoca sponsor tecnico dei ramarri in serie B. Benché la maglia (anzi, il completo) del portiere presentasse il consueto problema della taglia “XL”, trattandosi di tessuto di ultima generazione super elasticizzato, la vestibilità era comunque perfetta anche su un nano come me. Il colore, poi, era stupendo: un arancione intenso, perfettamente abbinato a pantaloncini, ai calzettoni e addirittura a sottomaglia e calzamaglia, proprio come usano i portieri di adesso. Un gioiello.

Dopo 13 anni di contenziosi e divergenze estetiche, Toni ed io avevamo finalmente trovato il nostro punto di incontro. Quando mi vide uscire dallo spogliatoio mi guardò dalla testa ai piedi e mi disse “sei bellissimo”. Non trovai nulla di più ovvio che rispondergli: “anche tu, Toni. Anche tu…”.

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