Quel rito, nato da una visione “oppositiva” sulla muta del
portiere, col tempo era diventato il nostro “spazio di complicità” che, per
generosità di entrambi, condividevamo con il resto della squadra nei magici
istanti che precedevano la partita.
Ora che Toni non c’è più è giusto che conosciate la verità:
la puntuale messa in scena sugli abbinamenti fra maglia, pantaloncini e calzettoni
del portiere era un modo per stemperare la tensione della gara, per riscaldare
lo spogliatoio, un rito scaramantico, appunto… ma tutto già spudoratamente
concordato. Ci mettevamo d’accordo fin dal mattino, in una rapidissima
telefonata che negli anni era stata perfezionata, eliminando via via tutto ciò
che era superfluo (i convenevoli) per andare subito al punto. Un codice
criptato da spie sovietiche a prova di intercettazione:
M: Eccomi
T: Maglie rosse Asics
M: Allora nero
T: Calzettoni?
M: Bianchi
T: C’è fango
M: Fai neri anche quelli allora
T: A dopo
M: Ciao
Il rito vero era quella telefonata e, detto francamente, il colore delle maglie era diventato un pretesto: la telefonata serviva solamente per dirci reciprocamente “ti voglio bene”.
Come molti sanno, nella mitica soffitta di villa Pollini,
Toni aveva un caveau di mute, in parte frutto di lasciti del Pordenone Calcio,
in parte acquistate appositamente per la squadra Avvocati. Ogni muta una
storia; ogni storia dei ricordi; ogni ricordo un sorriso. Tutto era custodito
con attenzione maniacale ed esistevano precisi criteri con cui venivano scelte
le maglie di gioco: da quelli più ovvi (i colori sociali della squadra
avversaria, le condizioni meteo…) a quelli più sottili (il tipo di competizione,
l’importanza della gara, la scaramanzia).
Per il portiere Toni applicava una regola che, purtroppo,
era figlia della sua generazione e del calcio anni Sessanta: l’estremo
difensore doveva SEMPRE avere qualcosa che richiamasse i colori della squadra.
Quel “qualcosa” nel novanta per cento dei casi erano i calzettoni, con
l’effetto di determinare abbinamenti improbabili (maglia grigia, pantaloncini
neri, calzettoni verdi…). I portieri togati dell’epoca – il Koala e Leo – non
mettevano in discussione il dogma. Anzi, il Koala in particolare riusciva a
fare pure peggio esibendo sui terreni duri o sintetici un improbabile pantalone
della tuta grigio o addirittura rosso (sigh!).
Io però, oltre ad essere già maniaco di mio, ero cresciuto con altri modelli e, soprattutto, altri canoni estetici, quelli degli anni Novanta, quando al portiere vestito di grigio si sostituì il portiere multicolor, prima, e il portiere monocromatico, poi. Le prime volte il rispetto che nutrivo per Toni mi imponeva di adeguarmi alle sue scelte. Poi, essendo entrato sempre più in confidenza, ritiravo diligentemente i calzettoni che lui mi consegnava ma, durante la vestizione, li sostituivo con un paio di altro colore che mi ero appositamente portato da casa; poi cominciai a fare altrettanto con la maglia; infine fu Toni – che non era mona ed era perfettamente cosciente dei mie atti di insubordinazione – a concedermi la scelta degli abbinamenti attraverso la rituale telefonata di cui sopra. Né più né meno del rapporto con un padre al quale bisogna inizialmente obbedire, che progressivamente ti concede spazi di libertà condizionata, che infine ti lascia andare per la tua strada e sostiene le tue decisioni, anche se non le approva del tutto…
E visto che di maglie parliamo, dal libro dei ricordi ne ho scelte quattro che associo ad altrettanti, indelebili, ricordi.
Maglia azzurra “Hummel”, 2008. Esordio con gli Avvocati
Pordenone e l’incontro con Toni
La maglia del portiere – azzurra con inserti neri – si abbinava alle mute “Hummel” del Pordenone Calcio, sponsorizzate “Friulcassa”, che Toni utilizzava prevalentemente per il Campionato Amatori nelle stagioni 08/09, 09/10 e 10/11. C’erano due versioni di quella muta: la versione casalinga, con le classiche strisce verticali neroverdi, e la versione da trasferta, completamente bianca. Due anche le versioni della maglia del portiere: grigia con inserti neri e, appunto, azzurra. Erano maglie che tutto sommato “sopportavo” e che ho indossato frequentemente nella prima fase della mia militanza neroverde.
Maglia grigia “Errea”, 2009. Esordio in Avvocup
Maglia nera “Team Equipment”, 2014. Vittoria dell’Avvocup
Fra le varie opzioni a mia disposizione, alla fine scegli di
indossare una muta completamente nera, con inserti verde fluo (vd. foto), per
una ragione ben precisa che, tuttavia, richiede una rapida digressione. Fra i
motivi che dividevano me e Toni sull’abbigliamento del portiere non c’erano
solo ragioni estetiche, ma anche pratiche. Nella totalità delle mute di Toni
(ma, aggiungerei, non soltanto delle sue) le maglie del portiere erano, nella
migliore delle ipotesi, taglia “L” o, più frequentemente, “XL”, perché – si sa
– il portiere è di norma alto e robusto. Il mio modesto metro e settantatré
rendeva tutte le mute di Toni praticamente investibili, per cui io cercavo di
usare maglie personali anche per quella ragione, mentre lui desiderava che
indossassi quelle ufficiali. Per sanare anche questo contrasto, Toni, qualche
anno prima della finale, mi regalò 4 (!) mute della mia taglia, elasticizzate,
con logo “Avvocati Pordenone”; non solo: le fece stampare con il numero 30 in
omaggio al mio rango accademico. Quando me le consegnò rimasi senza parole, sia
perché era un atto di amore nei miei confronti (mai nessun portiere aveva avuto
un simile privilegio), sia perché erano semplicemente orrende: la prima grigia
con inserti rossi, la seconda color oro con inserti neri, la terza rosa
(rosa!!!) con inserti neri e la quarta – l’unica guardabile – nera con inserti
verde fluo. Tralascio il dettaglio sui calzettoni in abbinamento (tutti
rigorosamente incoerenti) e ancora oggi mi domando dove le avesse procurate,
visto che la marca mi era totalmente sconosciuta (Team Equipment: credo abbia
venduto quelle 4 maglie e poi sia fallita). Negli anni le ho indossate
(cambiando i calzettoni) solo per l’affetto che avevo per Toni: ho usato anche
quella rosa in quattro o cinque circostanze, ma quella color oro non ce l’ho
mai fatta.
Tornando a Mantova, scelsi la maglia nera Team Equipment – benché non fosse fra le mie preferite – come atto di riconoscenza a Toni perché quella partita andava giocata (e possibilmente vinta) anzitutto per lui.
Maglia arancione “Joma”, 2021. L’ultima presenza
Dopo 13 anni di contenziosi e divergenze estetiche, Toni ed io avevamo finalmente trovato il nostro punto di incontro. Quando mi vide uscire dallo spogliatoio mi guardò dalla testa ai piedi e mi disse “sei bellissimo”. Non trovai nulla di più ovvio che rispondergli: “anche tu, Toni. Anche tu…”.
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