Entrambi abbiamo realizzato un progetto che ha avuto un rilievo importante nelle nostre vite: Toni ha creato la squadra di calcio degli Avvocati di Pordenone, che, mi piace ricordare, ha partecipato anche ai campionati della “mia” Lega Calcio Friuli Collinare.
Il calcio amatoriale, fatto di inclusione, di aggregazione, di partecipazione, ma soprattutto di divertimento e amicizia, ci ha accumunato, anche se questa passione l'abbiamo vissuta da prospettive diverse.
Toni infatti era un ottimo dirigente, era addirittura capace di essere suadente con i giocatori di talento, che spesso si facevano pregare per giocare.
Ma Toni non era solo questo. Toni era un anche “scouter” dei campi di calcio friulani! Non credo gli sia mai sfuggito un buon giocatore neolaureato e che non abbia fatto di tutto per portarlo a giocare con la sua squadra.
Sono convinto che lui e Giuliano Carretti siano stati i veri pilastri delle squadre di calcio di Pordenone e rispettivamente di Trieste.
Penso infatti che se a Udine, nonostante ci fossero tantissimi giocatori di talento, non siamo mai riusciti ad avere una squadra di livello come quella di Pordenone o Trieste è dovuto proprio alla mancanza di un dirigente del loro calibro. La lunga esperienza nel mondo di calcio mi ha infatti convinto che una squadra può diventare grande solo per la presenza di bravi dirigenti.
Ma noi avvocati dobbiamo essere grati a Toni non solo perché ci ha dato la possibilità di divertirci giocando a calcio, ma anche perché ci ha offerto l'opportunità di integrarci in un mondo non semplice come quello dell'avvocatura. La confidenza che si matura su un campo di calcio o nello spogliatoio con colleghi più anziani è infatti un veicolo importante che semplifica l'inserimento nella vita professionale.
Di ciò Toni era assolutamente consapevole. Lui più che mai era l'anima della squadra, la forza aggregante, la persona che ti sapeva sempre stare vicino nei momenti giusti, caricare e motivare.
Un giorno, con un’aria solenne che non gli era solita, mi ha detto che doveva chiedermi un piacere. Si era convinto, chissà per quale motivo, di non essere più gradito, che la sua squadra volesse rendersi indipendente dal suo demiurgo. Gli ho risposto che era impossibile, non solo perché sarebbe stato un vero suicidio, ma anche perché tutti i colleghi pordenonesi lo adoravano.
Ma Toni insisteva: dovevo scrivergli di aver saputo che a Pordenone volevano cambiare dirigente e quindi gli avrei dovuto proporre di farlo a Udine e che per noi sarebbe stata una grande opportunità. Lo scopo era evidente: Toni voleva dimostrare così alla sua squadra che le offerte non gli mancavano!
Ovviamente pochissimo tempo dopo Toni mi ha chiamato per dirmi che aveva mal interpretato alcuni comportamenti e che il malinteso era risolto.
Peccato ho pensato, a Udine avremmo continuato ad avere una squadra scarsa...
Questo episodio testimonia quanto partecipata e assolutamente pura fosse la passione di Toni, un uomo dal cuore generoso.
Fabrizio Pettoello
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