SPILIMBERGO (PN) - Un tributo per la riuscita del torneo va riconosciuta agli arbitri. Parte terza tra i contendenti, capaci però di condizionare sia l’andamento che il risultato della gara. Un ruolo difficile, anche nelle partite più semplici o, meglio, quelle cosidette “amatoriali”. Quante volte, da bambini, avete sentito un’impennata di voci, che vi ha distolto dal vostro gioco, salire verso il cielo non propriamente per tributare lodi? L’arbitro rappresenta per definizione, e nonostante l’aiuto dei Guardialinee, “un tipico esempio umano di solitudine - assieme al portiere, all’allenatore, al massaggiatore e al giocatore che tira un rigore decisivo” (Paolo Mattana). All’arbitro si chiede sempre di essere molto più all’altezza della situazione di quanto non ci si aspetti dai giocatori. Difficilmente la sua decisione riesce ad accontentare entrambe le parti sullo stesso fatto. Tralasciati gli epiteti con i quali lo si accoglie, ma soprattutto saluta, la figura dell’arbitro resta una di quelle cose che nel “da grande cosa farai?” trova difficilmente alloggio nei sogni futuri dei bambini. In ogni caso, meritano un’annotazione degna per il loro impegno, dedizione e professionalità. Qualche volta sbagliano, ma noi crediamo nella loro buona fede, soprattutto perchè il tempo che intercorre tra la decisione ed il fischio che ne segue è troppo breve per non esercitarla. E, quando fanno bene, come ripeteva mia nonna ”non serve dirglielo, perchè è il loro dovere”. Anche loro, infine, hanno interrotto il lutto e oggi si fregiano di casacche e tenute certamente allegre, più rassicuranti e divertenti. Certamente molto più di quella figura che De Andrè cantava nel suo “Il giudice” e che io ho sempre immaginato di un nero cupo. Qualche tempo fa, ho avuto occasione di leggere un piacevole racconto dedicato ad un arbitro epico. Qualcuno sarà capace di trovare delle similitudini in qualche gara giocata anche in questo torneo (oltre che in Chelsea-Barcellona!!!). A me, in realtà, piace l’ironia e l’umanità che dell’arbitro, molto da oratorio, esce da questo racconto, di Osvaldo Soriano, e che si trova in qualche raccolta in forma integrale. Allego alcuni brevi estratti del racconto, introdotti con le interessanti parole che un grande arbitro, in un anno che non conosco, proferì al mondo intero, sportivo e non: “...15 giugno. L' ex arbitro italiano Paolo Casarin diceva: "Gli arbitri lo sanno, vogliamo far vedere al mondo che il calcio è un gioco onesto!"...
“…Fece uscire dal fischietto un suono stridulo, imponente e indicò il punto del rigore... Quando io giocavo a pallone, più di trent’anni fa, in Patagonia, l’arbitro era il vero protagonista della partita. Se la squadra locale vinceva, gli regalavano una damigiana di vino di Rio Negro; se perdeva, lo incarceravano. È chiaro che la cosa più frequente era il regalo della damigiana... L' Arbitro più coraggioso del mondo si chiamava Gallardo Perez. Dirigeva match di "futbol" in Patagonia, e davanti al suo fischietto si schierarono in campo le squadre di Barda del Medio e del Confluencia di Cipolletti. Il Barda del Medio era una squadraccia, inutile in trasferta, ma imbattibile in casa, perchè l'unica volta che aveva perso, l'arbitro, "troppo idealista, venne appeso a sinistri salici, irrigiditi e pelati dal vento"... Soriano, buon giocatore da ragazzo, era centravanti al debutto del Confluencia. Il capitano avversario, Giovannelli, l'avverte: "Ragazzo, attento a non fare troppo il fantasioso, perchè ti appendo a un albero". Il copione deve essere identico, vittoria al Barda del Medio e damigiana di vino del Rio Negro per l'arbitro Gallardo Perez. Che infatti, "...sempre più nervoso, espulse due dei nostri e assegnò due rigori agli altri. Il primo Giovannelli lo calciò sopra la traversa, il secondo colpì il palo". Quel giorno, come disse lo stesso Gallardo Perez, "non avrebbero fatto un gol neanche in una porta grande come l'arcobaleno". E' la più bella riga mai scritta sul gioco del calcio: non avrebbero fatto gol nemmeno in una porta grande come l'arcobaleno. Osvaldo Soriano la fa pronunciare ad un arbitro, Gallardo Perez, "vissuto realmente"... Gallardo Perez si batteva per la damigiana di vino del Rio Negro e per scampare alla forca sui salici. Barda del Medio Confluencia di Cipolletti finisce infatti con un gol segnato dallo scrittore Osvaldo Soriano che infila il portiere avversario dalle gambe a banana. La folla invade il campo, Soriano viene colpito con la valigia del massaggiatore, rompono le ossa a tutti, l'arbitro finisce in mutande, li condanna a strappare le erbacce per tutti. Uscito dal delirio Gallardo Perez investe Soriano: "Non imbatterti più nella mia vita". Soriano non resiste: "Ma ha convalidato il gol?". "Certo che l'ho convalidato... per chi mi prendi, stronzo, fanfarone... io non sono un fesso, quello era un gran gol". Mi indicò i due denti che gli mancavano: "Vedi? Questo fu un gol di Sivori in offside. Ora guarda un po' dove sta lui e dove sto io. Non c'è un Dio del futbol, ragazzo, non c'è un Dio. Perciò questo Paese è ridotto così. Di merda".
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